Il laboratorio con i Genitori: il confronto con gli adulti che sono genitori (e spesso di figli che lavorano a loro volta con me) è un incontro molto speciale.
Leggo nei loro occhi (almeno e soprattutto all’inizio dell'incontro) tante espressioni di incredulità, di curiosità, di timore anche, di diffidenza, di attesa. Accolgo tutte queste sfumature come miei ospiti e faccio accomodare le persone in cerchio: il cerchio mette tranquillità e rincuora; tutti ci vediamo con le stesse prospettive e possibilità. 
Osservo qualche distensione e qualche altro sguardo sospettoso. 
A questo punto, dopo essermi presentata, smetto di parlare e propongo di fare insieme esperienza diretta: tutti in piedi e ci scambiamo una palla dicendo ognuno il proprio nome; in questo modo facciamo conoscenza perché non tutti ci siamo già incontrati e talvolta, anche se questo è avvenuto, non sappiamo i nomi dell’altro. Dopo un po’ di pratica l’esercizio si modifica ... propongo di prendere contatto visivo con una ben determinata persona e passare palla pronunciando il suo nome. Con questo semplice, banale esercizio è già tutto più spensierato, i genitori diventano più accoglienti, spesso si cade in errore e questo provoca simpatici imbarazzi e suscita le prime piacevoli risate insieme.

A questo punto la mia voce li guida ad un cambiamento di posizione nello spazio, con curiosi e strani inviti ... e via ancora col cerchio!
E’ una proposta molto divertente, scalda il corpo e avvicina all’altro, agli altri. Quindi sento un po’ il gruppo che ho di fronte e offro esercitazioni diverse a seconda di quel che sento, percepisco in quel momento e da cui mi lascio guidare. Un effetto davvero particolare ha sempre avuto, anche per i genitori, la camminata nello spazio, con varie andature, ritmi e corrispondenze (cammino come se fossi … la mia mente al primo mattino, il mio cuore, un vecchio, un ubriaco, ecc.): è molto liberatorio potersi affidare a questa esperienza.
Alcune tra le parole che mi sono state dette da loro dopo questi momenti insieme sono state: "questa formazione rappresenta un incontro sul quale avevamo riposto aspettative diverse, spesso quella di ascoltare teorie di natura psicologica o di sentirsi raccontare del lavoro svolto dai nostri figli o le impressioni della counselor sui ragazzi di oggi".
Il fatto invece, concreto, di provare le stesse esperienze che fanno i figli quando mi incontrano, desta in loro piacevoli sensazioni e genera automaticamente più fiducia in me, ma soprattutto più unione e vicinanza con gli altri genitori. Ché poi l’intento, da parte mia, è proprio quello di far loro sentire nel corpo qualcosa di nuovo, mettendo la mente a tacere per un po’, lasciando parlare i volti, i movimenti e gli incontri effettivi con gli altri.

Stare con loro è un privilegio, un’occasione di conoscenza reciproca più profonda: accogliere i genitori dei ragazzi con cui quotidianamente lavoro ha molto di sistemico e ri-allinea.