La posizione (sistemica) dell’allenatore nei confronti dei genitori. Probabile svolta.
Partiamo da un po’ lontano, ma neanche tanto. Mi rivolgo principalmente agli allenatori (ma facilmente questa parola può essere sostituita da insegnanti, aiutanti, assistenti, counselor, educatori, ecc. ecc.) e chiedo: hai sentito almeno una volta il desiderio profondo di essere apprezzato dai genitori dei tuoi ragazzi come allenatore?
Se la risposta è sì, sei venuto in contatto con un fatto molto importante. Sai quale? Che tutti (indistintamente, è un bisogno primario della persona) hanno il desiderio di essere apprezzati (aggiungi anche visti, amati, ecc. ecc.). Un desiderio che conosciamo quando nasciamo, pensa un po’! Un bisogno che incontriamo per la prima volta quando ci relazioniamo con mamma e papà e vogliamo che loro ci vedano, che loro ci amino incondizionatamente per quello che siamo, che loro ci apprezzino così come siamo. Su questo si basa il nostro benessere, è proprio totalizzante, vero?
Poi proviamo a crescere, chi più, chi meno. E chi CRESCE DAVVERO, parlo di un bambino che diventa ragazzo e poi uomo, e di una bambina che diventa ragazza e poi donna, impara che quel bisogno primario non ha nulla a che fare col resto del mondo. Una volta soddisfatto quello, siamo noi a crescere, imparando a vederci noi per primi (intendo: mi vedo, mi voglio bene così come sono, mi apprezzo per quello che sono) e ad essere benevoli con noi stessi (per quello che siamo, esattamente così come siamo) e con gli altri, di conseguenza. Quando hai chiaro questo, tutto è semplice. Puoi essere in pace coi tuoi genitori (anche se non ti vedono, anche se non ti amano, anche se non ti dicono che sei bravo; e questo perché sei cresciuto e li ami così come sono). Non hai più bisogno di essere “bravo” per qualcuno che non sia te stesso, di essere dannatamente “visto” sennò non vali niente, perché conosci da te il tuo valore, per quello che è.
Allora, semplicemente, prendi una posizione (nel sistema) in cui sai che stai facendo il tuo piccolo meglio (la dico spesso questa cosa .. il tuo PICCOLO – che non siamo un dio – meglio). Questo modo di stare nel mondo implica però uno svantaggio, lo devi sapere!!! Non può più essere “colpa degli altri” se non è così!!!!!! Il tuo stare bene con te stesso non dipende dagli altri, ne sei responsabile tu! Essere valido come allenatore non dipende da quanto i genitori ti apprezzino, ne sei responsabile tu, nella misura in cui sai tu di valerlo!!!
Da questo, sai se sei VERAMENTE CRESCIUTO. E se non lo sei, puoi fare un bel respiro, perché … hai sempre la possibilità di farlo, e sei anche in buona compagnia !!!!
Ecco un po’ di domande (nuove) che puoi farti quando senti che la relazione con i genitori dei ragazzi che alleni non funziona:
“Dai al genitore la responsabilità di considerare importante il tempo extra (per la parte umana) che impieghi con e per il figlio?” Se la risposta è sì, ecco per te altre domande: “Forse non lo sai già di tuo che è tempo importante? Hai bisogno che il genitore ti ‘veda’ per stare bene e sentirti un bravo allenatore? Tu dai per primo valore a quel tempo? Ti serve veramente che lo faccia anche il genitore?”.
A questo punto apro il fondamentale, che è la tua posizione di allenatore: attenzione, quando parlo di posizione non parlo di ruolo, parlo proprio del posto che occupi nella sistemica (nel contesto d’insieme) del ragazzo. Agli allenatori, per quella che è la mia esperienza, spesso non è chiara questa posizione, che ora ti passo: il ragazzo APPARTIENE ai suoi genitori. Se puoi tenere a cuore questo e visualizzarli dietro le sue spalle ogni volta che ti relazioni in dialogo con lui, tutto è diverso. Il ragazzo è FEDELE ai suoi genitori (sopra ogni cosa, inconsciamente anche), che sono I MIGLIORI GENITORI per lui. Se queste due altre fondamentali cose ti sono chiare, un altro passo molto grande ti aspetta nel confrontarti o essere disponibile coi genitori.
Infine, l’allenatore (ricorda che parlo sempre della parte relazionale, non tecnica e calcistica) FAREBBE BENE A NON SENTIRSI MAI MEGLIO DEI GENITORI, e a NON METTERSI MAI NELLA POSIZIONE DI ESSERE SUPERIORE A LORO, nemmeno se ‘sa’ di fare meglio di loro (perché gli manca la domanda Meglio per chi? Meglio per Me – ma allora stai guardando te e non il ragazzo -, Meglio per il ragazzo – ma lui è fedele e appartiene ai genitori che sono i suoi migliori genitori -, Meglio per i genitori – che sono i suoi migliori genitori e a cui il ragazzo appartiene …).
Manca l’altro punto chiave, prima ancora di quei fondamentali che ho scritto sopra. Finché si rimane sul GIUDIZIO (parliamo di allenatori per il momento, varrebbe per tutti chiaramente, ma rimaniamo sulla figura dell'allenatore) nulla di ciò che ti ho passato servirà mai.
Nessun giudizio sul genitore. Nemmeno sul ragazzo. Nemmeno su te stesso!
Se sei fuori da questo schema hai fatto il 99% del lavoro.
Non sarà più importante cosa ne dicono loro di ciò che fai come allenatore, perché per essere visto, apprezzato e benvoluto non ti servono i genitori, non ti serve proprio veramente nessuno.
Possono giudicarti e tu sentire compassione per loro e per i loro giudizi, ma il ragazzo che hai è il figlio di quei (migliori) genitori e di quelle modalità.
Ciò che puoi fare tu per il ragazzo (per la parte umana) è dare il tuo piccolo meglio, aiutarlo a stare fuori dai giudizi (per se stesso, per i compagni, per il mister, per l’avversario) con il tuo esempio e con la tua consapevolezza, quella consapevolezza che hai quando lavori sereno e leggero, sapendo di dare il tuo meglio e sapendo di poter anche fare errori (che se tieni presente quanto sopra, pur essendo errori, grossi danni non possono fare).
Solo così diventi l’alleato nella crescita del ragazzo. Solo quella è la posizione che fa fluire le relazioni in questo triangologenitori/figli/allenatore. Diversamente il triangolo è: carnefice (genitore), vittima (ragazzo) e salvatore (saresti te, il mister che è più bravo persino dei genitori ad educare il figlio ….!!!) e questa è la peggiore situazione (anche se molto, molto, molto diffusa nella nostra società e nel nostro contesto di vita) in cui puoi metterti e dalla quale ti auguro di scappare a gambe levate.
In questo modo diventa tutto più leggero, tiri un sospirone di sollievo !!!! Sai che non devi “educare” nessuno, hai solo da dareil tuo piccolo meglio (che non ha bisogno di essere amato, visto, apprezzato … proprio perché è il tuo piccolo meglio!!!!).
Ti propongo un’ultima riflessione e domanda: ti è chiaro che il destino dei tuoi ragazzi non ti appartiene? Se puoi inchinarti (sì, proprio un inchino con la testa) ad ogni tuo ragazzo, ai suoi genitori ed al loro destino, scoprirai un modo nuovo di stare in relazione. E saprai con serenità che tu sei solo il loro allenatore. Ma questo l’avevamo già detto!!!
Questo è quanto so. Per esperienza (tanta) sulle famiglie e sulle posizioni di aiuto.
Lilli Zanatta
Counselor Sistemico Relazionale – sportivo